La posizione di garanzia dello pneumologo può derivare anche da una situazione di fatto, ossia da un atto di partecipazione volontaria a un intervento chirurgico che si conclude con un danno nei confronti del paziente.
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Caso di studio
Lo pneumologo è stato chiamato a rispondere per omicidio colposo per aver cagionato la morte del paziente affetto da empiema pleurico e focolaio bronco pneumonico destro.
In particolare, lo pneumologo si accorgeva di un peggioramento delle condizioni del paziente e richiedeva una consulenza chirurgica.
I colleghi chirurghi, investiti delle problematiche del caso, decidevano sul posto di eseguire una toracentesi senza l’ausilio di una guida ecografica e senza i risultati della Tac che lo pneumologo aveva richiesto.
Lo pneumologo, presente nella stanza di degenza del paziente, prendeva parte all’intervento operatorio e, onde facilitare le manovre operatorie, si poneva davanti al paziente facendo in modo che questi assumesse un’idonea posizione. I chirurghi poi, commettevano l’errore di praticare la toracentesi sul polmone sano del paziente e ne causavano la morte per arresto cardiocircolatorio dovuto ad asfissia acuta.
Cosa dice la Cassazione
La IVa sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 28316/2020, ha confermato il giudizio di responsabilità penale dello pneumologo, ritenendo, per quanto attiene la posizione di garanzia, che essa può essere generata non solo da una investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto.
Nel caso in esame, la posizione di garanzia dello pneumologo conseguiva non soltanto dalla sua qualifica professionale di medico addetto al reparto in cui il paziente era ricoverato, ma anche dalla sua partecipazione all’intervento chirurgico nell’avere prestato materiale ausilio alla sua realizzazione, sia pure attraverso il breve atto di reggere il paziente facendogli assumere la posizione più idonea per l’intervento, quella destinata a realizzare la maggiore espansione toracica.
Riguardo a un ulteriore profilo di responsabilità a carico dello pneumologo, la cassazione ha affermato che non è possibile considerarlo esente solo perché altri medici hanno agito sul paziente ponendo in essere l’erronea attività invasiva che lo ha condotto alla morte. Lo pneumologo, quale primo garante che ha richiesto la consulenza dei chirurghi, condivisa la scelta di intervenire sul posto, avrebbe dovuto pretendere che l’intervento si effettuasse con guida ecografica e avrebbe dovuto poi controllare l’operato dei colleghi nel corso dell’attività operatoria verificando che si intervenisse sul polmone malato.
Conclusioni
In conclusione, lo pneumologo non può essere esonerato da responsabilità per il decesso del paziente in quanto la posizione di garanzia, eventualmente assunta anche di fatto, esplica i suoi effetti sia in relazione agli obblighi di protezione, che impongono di preservare il bene protetto da tutti i rischi che possano lederne l’integrità, sia in relazione agli obblighi di controllo e sorveglianza, che impongono di neutralizzare le eventuali fonti di pericolo che possano minacciare il bene protetto.
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